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Escursionismo

Camminare

Camminare: all’inizio è fatica, poi diventa naturale. Ogni ritmo si armonizza con gli altri: due pulsazioni ogni passo. Un respiro ogni  quattro passi. Un passo dopo l’altro: i ritmi si adeguano alla pendenza e alle asperità del percorso e nel silenzio dell’andare ti scopri ad ascoltarli uno a uno, come ascolti la tensione di ogni muscolo e il peso del tuo zaino. É una musica che ti arriva nel momento stesso in cui si crea, che ti accompagna ma che anche ti anticipa e ti guida come in una danza. Ti accorgi allora che il tuo corpo va senza che tu lo comandi, o meglio che non sei tu che mediti sul tuo muoverti ma, anche se stai pensando ad altro, il corpo non cessa di riflettere su quello che gli accade, cerca e trova nuovi equilibri, adotta nuovi automatismi. 

Camminare è un atto creativo anche a questo livello di pura fisicità: è dialogo con il corpo che si pone di fronte a te, ti chiede attenzione in quanto sente la fatica e ti induce ad assecondarlo; in cambio ti trasmette leggerezza e affanno, uniformità e differenze, ritmo e canto.

Ma andare non è solo viaggiare entro se stessi alla scoperta della propria fisicità. Questo si ottiene comunque nella pratica di uno sport o attività fisica. Camminare è anche sperimentare lo spazio al di fuori di sé, misurarne le dimensioni, impossessarsene. Al tempo di ascolto interiore si associa l’esperienza dello spazio esterno percorso. Quando calcolo le distanze in ore e minuti invece che in chilometri faccio riferimento al metro della mia andatura, misuro lo spazio con il mio passo. Misurare ( o percorrere) è la prima presa di possesso della estensione fisica, esercizio che ora coinvolge tutti i sensi, che così mi proiettano al mio esterno, pronto a captare ogni cambiamento che avviene nello spazio in cui mi muovo. É un’avventura di cui non conosco in anticipo ciò che avverrà, è come leggere una storia scoprendone l’intreccio pagina dopo pagina, ma essendone protagonista, vivendone la luce e i colori che inondano la scena, aspirando gli odori e captandone i suoni.

Di questo mi accorgo con pienezza alla fine del percorso, quando mi guardo indietro e riavvolgo la via percorsa. Allora ho piena coscienza di due fatti avvenuti. Ho, con il mio passaggio, lasciato qualcosa di mio in quel luogo, ho “segnato” quella linea tra le tante possibili. Forse ho lasciato anche dei segni visibili che aiuteranno altri a ripercorrerla e a provare quello che io ho sperimentato, oppure tutt’altro. Ma ho anche preso qualcosa, che mi è rimasto impresso nella coscienza: quello che prima  era territorio per me indifferente ora, nella mia mente, è divenuto paesaggio: un insieme coerente e strutturato di sensazioni (e di emozioni), ormai parte di me, che posso conservare, ricordare ogni tanto e comunicare ad altri.

Si è così compiuta quella azione artistico-creativa di cui si accennava sopra. Al mio passaggio ho ri-creato quel luogo. Ri-creare  il mondo fisico passando attraverso le forme  dello spazio, del tempo, durata, ma anche azione corporea, ritmo, segno, luogo e paesaggio è del resto quanto si prefiggono oggi molti protagonisti dell’Arte contemporanea.